Si tratta di un’iniziativa in parte già avviata diversi anni fa dal comandante Roberto Padoan e riguarda la ricerca della Terza colonna finita in mare durante le operazioni di sbarco.La leggenda vuole che il capitano veneziano Jacopo Orseolo Falier, recatosi in Medio Oriente al fine di combattere la Seconda Crociata, tornasse da quei territori portando con sé tre colonne bizantine da offrire in dono all’allora doge Domenico Michiel. Agli occhi di Falier l’importanza di tale dono rappresentava la concreta possibilità di ascendere velocemente all’interno della gerarchia sociopolitica della Repubblica. Vedeva nel trittico la congiunzione simbolica tra Cielo e Terra, Religione e Governo, Ovest ed Est. Al loro arrivo, le colonne furono scaricate nel porto principale della città, di fronte al Palazzo Ducale sulla stessa piazza San Marco. Durante il procedimento, una delle colonne cadde in acqua a causa di una tempesta imprevista e fu definitivamente perduta. Da quel momento riposa sul fondo lagunare, invisibile agli occhi. A causa dell’incidente, nessun cittadino della Serenissima osò assumersi la responsabilità di sollevare i due artefatti superstiti, motivo per cui essi giacquero per anni o decenni sul selciato della piazza. Lo snodo avvenne, però, grazie all’intervento del Niccolò Barattieri (o Barattiero), un ingegnere che riuscì nell’impresa attraverso l’impiego di corde bagnate in uno schema complesso. Fu remunerato con l’uso esclusivo dello spazio compreso tra le due colonne, il quale destinò alla pratica delle scommesse con i dadi, gioco allora severamente vietato in tutto il territorio della Serenissima.
In seguito alla dismissione di quest’uso, l’area divenne il sito primario di esecuzione della pena di morte e fu famoso per la brutalità rituale che vi si praticava. Ancora oggi, gli abitanti più superstiziosi si rifiutano di passare tra le due colonne al fine di evitare sfortune. In ogni caso, le due imponenti colonne hanno sempre funzionato da portale d’ingresso alla Serenissima: le imbarcazioni provenienti dai quattro angoli del Mediterraneo potevano osservarne la maestosa presenza fin da lontano. La loro importanza simbolica è anche indicata dalle statue che ne sormontano i capitelli: da un lato S. Teodoro (patrono di Venezia fino all’828 d.C.) nell’atto di uccidere il drago, mentre San Marco, il successivo e odierno protettore della città, sulla seconda.
Esistono diverse letture storiche attorno a questo mito e la sua storiografia è ancora incerta a causa della
mancanza di fonti primarie. Citandone alcuni, secondo Guido Tigler (1999) le colonne sarebbero arrivate da Costantinopoli, dal momento che nei territori dell’Impero Bizantino esisteva un utilizzo diffuso di colonne decorative al fine di esporre statue di imperatori o animali sacri. Altri ne tracciano la provenienza da Tiro, successivamente alla sua conquista per mano veneziana (1122-24), e sarebbero state asportate dal tempio del dio Melqart.
Per il suo ritrovamento verrà utilizzata una metodologia sicura e innovativa la tomografia elettrica resistiva, una tecnica non invasiva che permette attraverso degli elettrodi infissi nel terreno o con galleggianti se si tratta dell’ambiente lagunare di capire cosa si nasconde nel sottosuolo o sotto il fondo della laguna.
Il principio base è l’energia elettromagnetica che consiste nell’unione di un campo elettrico con un campo
magnetico. Le anomalie che si rilevano con il metodo elettromagnetico sono legate ai cambiamenti di conduttività del terreno: tramite una sorgente di corrente elettrica si genera un campo primario che propagandosi sopra, sotto e all’interno del terreno, polarizza i materiali situati nel raggio d’azione creando un secondo campo di tipo magnetico; un sensore misurerà le diverse conduttività che si verificano nel sottosuolo.
Le formazioni sepolte verranno individuate in base alle loro caratteristiche inerenti alla conduttività elettrica e suscettività magnetica; particolarmente favorevoli risulteranno i contesti con metalli, strutture in laterizi, strutture impregnate di acque ad alto contenuto salino, ecc.
Responsabili e ideatori del progetto: Roberto Padoan e Franca Zannoni